Farsi delle aspettative è normale, totalmente umano. Io poi sono una specialista nel prevedere, immaginare ciò che sarà, crearmi a volte anche un’idea preconcetta degli eventi. Non stavolta.
Il mio arrivo a DireFare è stato talmente accidentato – vedasi articolo precedente – che, pur con tutta la buona volontà, non avevo idea di ciò che sarebbe stato.
Ad essere onesta, in questo caso ho preferito non prendere troppe informazioni. Diciamo che ho preferito farmi trascinare dalle circostanze.
All’ingresso del Teatro Ventidio Basso controllano il biglietto e, da quello, mi viene consegnato un braccialetto fucsia. Per una signorina come me …perfetto. Il colore serve a indirizzare la folla verso la platea o i palchetti: capisco che fucsia significa “palchetto”.
Trovo un posto in un palco al terzo ordine, già gremito. Conquisto il mio sgabello col cuore trepidante, come una bimba al primo giorno di scuola.
Il brusio generale viene placato dall’avvio di un video di apertura (sigla iniziale DireFare) che ripercorre la notte delle scosse del 24 agosto e le chiamate di chi, graziata la vita dai crolli ma in preda al panico, chiama balbettante e terrorizzato i servizi di soccorso da Arquata, Pescara del Tronto, Norcia, Accumoli.
La terra trema e, sotto le pareti delle case, schiaccia famiglie intere ignare, immerse nel sonno di una notte qualunque, una notte d’estate in montagna.
Il terremoto delle emozioni mi scuote il petto e l’onda si fa liquida agli occhi. Anche ora.
La due giorni di DireFare è stata un turbinio di emozioni, discorsi, pensieri, considerazioni e riflessioni di tale entità ed estensione che non avrei potuto rammentare tutto senza il mio fidato taccuino: un quaderno a spirale acquistato per l’occasione, dove ho dedicato una pagina per ogni speaker.
Per qualcuno ho scritto molto, per altri poco, raramente niente: da tutti ho colto un qualche insegnamento.
Da chi ho raccolto qualcosa di buono? Da tanti: Trabucchi, Sibaldi, Sacchi, Pupi Avati, Ongaro, Nardone, Salamon…
Vado a riprendere i miei appunti. Li voglio condividere con voi (leggi qui), anche se sono un po’ spezzettati, sconclusionati, arruffati.